Quando gli attivisti “green” siedono nel CdA di un gigante petrolifero
Sembrerebbe la metafora di una vittoria improbabile, quella di Davide contro Golia. Uno di quei confronti ritenuti impossibili da vincere, dove il giovane e astuto Davide dimostra che davanti all’apparente più forte avversario, un punto debole c’è e si può sfruttare a proprio vantaggio.
Di fronte a un mondo che spesso sembra troppo grande e potente per essere cambiato, soprattutto quando si tratta di battaglie ambientali, ci riesce un giovane fondo, Engine No. 1, in quella che è stata definita una battaglia per il futuro di ExxonMobil e per l’ambiente.
Cosa è accaduto?
Lo scorso 26 maggio il fondo d’investimenti Engine No. 1, creato dall’investitore tech Chris James, che detiene solo lo 0,12% di Exxon, è riuscito, dopo sei mesi, a far eleggere, all’interno del consiglio di amministrazione del colosso petrolifero, due dei suoi quattro candidati. Si tratta di Gregory Goff, ex amministratore delegato della compagnia petrolifera americana Andeavor, e Kaisa Hietala, che in passato è riuscita a dirottare verso il settore dei biocarburanti la società energetica finlandese Neste.
A consentire l’operazione è stato l’appoggio di BlackRock, Vanguard e State Street (tre grandi gestori di fondi d’investimento) fornito nel corso dell’ultimo e turbolento consiglio d’amministrazione in cui si votava il rinnovo dei vertici della compagnia. I tre fondi detengono oltre il 20 per cento delle azioni di ExxonMobil.
Un risultato storico
Engine No.1, nonostante l’opposizione dei vertici del gruppo, è riuscita quindi a piazzare due direttori dissidenti nel nuovo board di Exxon, portando avanti la tesi secondo la quale l’operato della compagnia è ancora inadeguato sulle tematiche del clima, e quindi dannoso per il pianeta e per le prospettive di business e finanziarie del colosso energetico. Un fatto del tutto inedito nel mondo “Big Oil” governato da interessi e potentati difficili da intaccare.
Il settore degli investimenti sta cambiando
Con l’entrata nel board di Exxon, Engine No 1 potrà chiedere un cambio di passo nelle politiche sociali e ambientali dell’azienda, al fine di ridurre l’impatto delle attività produttive legate alle estrazioni petrolifere. La transizione energetica è in atto e anche le grandi multinazionali del petrolio devono ormai adeguarsi, di fronte alle pressioni e alle preoccupazioni degli investitori sul tema del riscaldamento globale. E’ possibile quindi che in futuro assisteremo ad altre operazioni di azionariato critico nei “board” delle aziende più inquinanti, per aumentare il peso di nuovi consiglieri più sensibili alle sfide ambientali.