Il recupero dei fondali dell’isola del Giglio dopo il naufragio della Concordia
Tornano a rivivere i fondali dell’isola del Giglio con le sue praterie di posidonia e di gorgonia che da sempre hanno popolato questi mari. Laggiù non esisteva più nulla a causa del naufragio della Costa Concordia.
Nella notte del 13 gennaio 2012 la nave da crociera, lunga più di 250 metri, si incaglia su un lato a circa 40 metri di profondità nella zona del Parco delle Isole Toscane. Un tragico evento in cui perdono la vita 32 persone, con un danno considerevole all’ecosistema costiero, soprattutto del fondale marino, a causa dell’effetto ombra della nave e delle piattaforme utilizzate per rimuovere il relitto.
Dopo tre anni il relitto viene portato via, vengono rimosse 9000 tonnellate di detriti dai sommozzatori e si lavora senza sosta per ripristinare l’ecosistema marino. La pulitura dei fondali ha interessato una superficie di circa 20 mila metri quadrati ed è terminata nel 2018. Un lavoro enorme a cui hanno partecipato Istituzioni pubbliche e private, con il coordinamento tecnico dell’ISPRA.
I danni all’ambiente marino
La conseguenza più rilevante del naufragio è stata la morte per soffocamento della vasta prateria di posidonia oceanica, una pianta endemica del Mar Mediterraneo, protetta a livello internazionale, per il ruolo fondamentale nella produzione di ossigeno, e per essere la “casa” di migliaia di organismi marini. Distrutto anche il fondale coralligeno, un insieme di organismi che hanno una struttura calcarea, anch’essi protetti a livello internazionale.
Dal 2019 è in corso un restauro ambientale senza precedenti per ripristinare l’ecosistema originale attraverso il reimpianto di esemplari di posidonia oceanica e di gorgonie. Un lavoro che andrà avanti almeno fino al 2024 e di cui si stanno occupando il Dipartimento di Biologia Ambientale dell’Università La Sapienza e Ispra.
“Stiamo recuperando tutte le piante di posidonia che restano attaccate alle ancore delle imbarcazioni che ormeggiano durante il periodo estivo, preleviamo piccoli pezzi che andiamo a reimpiantare gradualmente nel loro habitat originario a 25 mt di profondità” spiega il professor Giandomenico Ardizzone in una recente intervista. Il recupero interessa anche le gorgonie strappate dalle reti da pesca, portate in salvo e trapiantate. Gli esemplari si stanno lentamente riproducendo, ma bisognerà attendere decine di anni prima di ottenere il totale recupero dell’area.
Un pianeta da salvare
Domani è la giornata mondiale dell’ambiente e l’8 giugno sarà quella degli oceani. Due appuntamenti per farci riflettere sulle conseguenze dell’azione umana sul pianeta, che riguarda sia la superficie del mare che le sue profondità. In particolare gli oceani e le foreste sono “il polmone del mondo”, producono l’ossigeno che respiriamo per mantenerci in vita. Non dimentichiamolo mai.