Il futuro dell’economia marittima sarà sempre più verde
Come abbiamo scritto, il Green Deal Europeo nasce per rendere operativa la volontà espressa in varie sedi di ridurre le emissioni dei gas serra alla base del riscaldamento globale. All’interno del green deal viene tracciata un strada anche per l’economia del mare.
I passi già fatti
Il tema delle emissioni era stato affrontato con un certo impegno a livello globale nel 1992. Tuttavia, il trattato siglato in quell’occasione, noto anche come “Accordi di Rio”, non poneva limiti obbligatori per le emissioni di gas serra alle singole nazioni.
Successivamente, è stato siglato il protocollo di Kyoto e poi l’accordo sul clima noto come “Accordi di Parigi”, entrato in vigore in novembre 2016. È solo a partire dagli “Accordi di Parigi” che si è cercato di responsabilizzare ogni singolo Paese del mondo sulla necessità di fare di più e meglio per ridurre le emissioni di gas serra.
Per rispettare questo limite l’Unione Europea, ha pubblicato l’Energy Roadmap 2050 nel dicembre 2011 da parte della Commissione Europea. Così, si è impegnata a ridurre le emissioni di gas serra dell’80%-95% entro il 2050, rispetto ai livelli del 1990, ed a rispettare obiettivi intermedi per il 2030 e il 2040.
In effetti, il “Green Deal Europeo” è l’insieme di iniziative politiche proposte dalla Commissione Europea per tradurre in azioni concrete le previsioni con l’obiettivo di fare dell’Europa il primo continente a impatto climatico zero. Lo stesso non tratta solo di emergenza climatica, ma prende in considerazione tutti i settori dell’economia. Infatti, approfondisce temi come i trasporti, l’energia, l’agricoltura, l’edilizia e settori industriali quali l’acciaio, il cemento, i prodotti tessili e le sostanze chimiche.
Il comparto marittimo
Naturalmente, è evidente che gli impatti sul settore marittimo di quanto stabilito a livello europeo in materia ambientale ci sono. Basti pensare che il trasporto per via navigabile movimenta quasi il 90% di tutto il commercio internazionale. Nell’Unione Europea più del 75% dei volumi da e verso paesi esteri transita via mare. Nel 2018, 139 milioni di tonnellate di CO2 sono state emesse dalle navi che visitano i porti europei. Si tratta di circa il 13% delle emissioni totali dei trasporti dell’Unione Europea. A livello globale, il trasporto marittimo emette oltre un miliardo di tonnellate di CO2. Infatti, se dovessimo immaginare il trasporto marittimo come uno Stato, sarebbe il sesto più grande emettitore di gas serra al mondo.
Trainate dalla crescita economica e dal conseguente aumento della domanda di trasporto di merci e persone, assisteremo ad un incremento notevole di questi dati. Per tale motivo è necessario intervenire.
Le misure messe in atto
Per accelerare il processo di decarbonizzazione e lo sviluppo di navi a zero emissioni, il Parlamento Europeo ha proposto misure per abbandonare l’uso di olio combustibile pesante e per deliberare investimenti urgenti nella ricerca di nuove tecnologie con attenzione all’innovazione, alla digitalizzazione e all’adattamento di porti e navi.
In questo contesto, occorre tenere conto che la vita media di una nave si aggira intorno ai 30 anni. Inoltre, sono necessari dai 3 ai 5 anni per la sua progettazione e realizzazione. Quindi, le unità che vengono studiate oggi saranno quelle che dovranno garantire gli obiettivi di sostenibilità ambientale previsti non solo al 2030 ma soprattutto al 2050.
La strada da percorrere per realizzare gli obiettivi che si è posta l’Unione Europea risulta ancora lunga. Infatti, ancora oggi non sono chiare le normative di riferimento per i rifornimenti in banchina dei combustibili alternativi. Nonostante questo, la direzione è sicuramente tracciata: la Commissione Europea sta mettendo a disposizione tutti gli strumenti di propria competenza per agevolare questo importante cambiamento e, soprattutto, rendere economicamente profittevole per gli operatori del settore l’adozione delle tematiche ambientali.