Cop26: la Giornata dei trasporti
Il 10 novembre alla Cop26 era il Transport Day, dove dovevano essere fatti una serie di annunci sui trasporti a basse emissioni di carbonio. La giornata è arrivata quando diversi obiettivi per i trasporto sono già stati elaborati, incluso il fatto che i nuovi veicoli pesanti venduti nel Regno Unito dovranno essere a emissioni zero entro il 2040. Ma nella realtà non sembra aver portato a grandi novità nonostante le aspettative.
I fatti
Trenta paesi hanno concordato di lavorare insieme per rendere i veicoli a emissioni zero la nuova normalità. Per i trasporti marittimi saranno presentati piani per corridoi di spedizione green, facilitando il passaggio a navi a emissioni zero. 14 stati, che insieme costituiscono oltre il 40% delle emissioni globali dell’aviazione, hanno sottoscritto un impegno per un nuovo obiettivo di decarbonizzazione. Nel corso della giornata un gruppo di paesi e aziende ha firmato un impegno a “lavorare verso“, curiosa dicitura, le automobili a emissioni zero entro il 2040.
L’elenco dei paesi include Canada, Israele e Regno Unito, ma non include diverse nazioni con enormi industrie automobilistiche, tra cui Stati Uniti, Cina, Giappone e Germania. Ci sono anche lunghi elenchi di città, proprietari di flotte e investitori che hanno aderito. Le case automobilistiche coinvolte includono Mercedes-Benz, Ford e General Motors ma VW, BMW e Toyota non vogliono essere coinvolte.
Al contrario, alcuni governi avevano da tempo approvato vari tipi di divieti per il commercio dei veicoli a combustione: il governo britannico sta dettando il passo con il divieto del motore a combustione interna dal 2030. La Norvegia è ancora più severa, perché i veicoli con quel tipo di motorizzazione non potranno più essere venduti dal 2025. La Commissione UE ha proposto il 2035, ma molti paesi vogliono posticipare la data.
Cosa aspettavamo
Il Transport Day della COP 26, doveva essenzialmente dire parole chiare sui veicoli elettrici e sulla dinamica della transizione ai veicoli a emissioni zero per raggiungere gli obiettivi climatici. È anche chiaro che è necessario un impegno per garantire che tutte le vendite di auto nuove siano limitate ai veicoli a emissioni zero. Inoltre, che i paesi dovrebbero mettere in atto politiche per garantire che le aziende proprietarie di flotte si impegnino a dotarsi di flotte a emissioni completamente zero. Queste esigenze erano state tutte illustrate nella presentazione ufficiale del Transport Day e, nonostante siano misure innegabilmente necessarie, ciò che manca è l‘incoraggiamento per un trasporto veramente green.
L’inquinamento atmosferico, strettamente legato ai trasporti, provoca ogni anno milioni di morti premature e malattie, come le malattie coronariche o respiratorie ed è il più importante fattore di rischio ambientale per la salute umana. Ciò significa un conto pesante di miliardi di dollari l’anno per la salute individuale e per i sistemi sanitari pubblici. Sfortunatamente, inquinamento atmosferico e cambiamento climatico non sono mai, ipocritamente, indicati come responsabili sui certificati di morte. La cosiddetta tecnologia verde è vista da molti come una panacea alla crisi climatica.
Nel caso del trasporto di persone su strada, che in molti paesi avviene principalmente in auto, la grande scommessa è sulle auto elettriche, in linea di principio molto più pulite di quelle convenzionali. Ma una sostituzione uno ad uno dei veicoli con l’auto elettrica non è una soluzione sostenibile. Per rispettare gli obiettivi climatici, è essenziale ridurre le auto in circolazione (reduce) e non solo sostituirle con equivalenti elettrici (improve). Occorre inoltre promuovere il trasporto pubblico (shift), la mobilità condivisa (share), la bicicletta e il buon vecchio camminare.
Gli accordi precedenti
È importante tener conto che né l’accordo di Parigi, né l’Agenda 2030 dell’ONU del 2015, impegnano i paesi a includere le emissioni del trasporto aereo o marittimo internazionale nei loro contributi nazionali NDC o nei loro progetti di sostenibilità. Più di recente, tuttavia, il Segretario generale delle Nazioni Unite ha chiesto di eliminare gradualmente la vendita di motori a combustione interna a livello globale entro il 2040 e ancor prima nei principali paesi produttori. Alcune aziende e governi si stanno già muovendo in quella direzione. Il Canada, ad esempio, ha fissato un obiettivo obbligatorio per tutte le nuove auto leggere e autocarri passeggeri a emissioni zero entro il 2035.
Strada, acqua ed aria sono i settori trasportistici in ordine di difficoltà crescente per la decarbonizzazione. La Dichiarazione sui trasporti ha coronato la giornata per i veicoli stradali.
Per il trasporto marittimo diciotto paesi hanno lanciato la Dichiarazione di Clydebank che mira a stabilire almeno sei corridoi di spedizione green entro il 2025, tra le altre azioni. Ciò richiederà lo sviluppo di forniture di combustibili a emissioni zero, quadri normativi e infrastrutture necessarie per la decarbonizzazione.
L’industria del trasporto aereo globale ha delineato come raggiungere il suo obiettivo climatico a lungo termine durante gli eventi di oggi mediante aerei di nuova tecnologia e carburanti per jet ricavati dai rifiuti. L’impegno è azzerare le emissioni di carbonio entro il 2050, a sostegno dell’accordo di Parigi.
Le decisioni
Molti paesi si sono impegnati a ridurre le proprie emissioni di gas serra di tanti punti percentuali entro una data futura. Il testo della bozza di documento li invita a rivisitare e rafforzare i loro piani climatici per il 2030 entro la fine del 2022, cioè a fare in 12 mesi quanto non sono riusciti a fare in sei anni dopo Parigi. In precedenza, non si era loro richiesto che presentassero nuovi piani fino al 2025, quindi questi nuovi piani arriverebbero con tre anni interi di anticipo e riguarderebbero le emissioni di questo decennio piuttosto che della metà del secolo e oltre.
In sostanza questa parte di testo spinge i paesi a fare piani, entro la fine del prossimo anno, per tagliare le emissioni in questo decennio. Questo è cruciale, perché come abbiamo notato prima, mentre molti paesi si sono impegnati a raggiungere lo zero delle emissioni nette in questo secolo, nella maggior parte dei casi non hanno dato seguito ai piani di riduzione delle emissioni nel breve termine. Naturalmente, il grosso problema qui è che il testo esorta solo i governi a farlo, non li obbliga.
Intanto i negoziatori restano bloccati sulle regole che governano il mercato globale del carbonio. I rappresentanti dei paesi in via di sviluppo lamentano che sono stati compiuti pochissimi progressi nel finanziamento dell’adattamento climatico e di perdite e danni. Le delegazioni sembrano rimanere trincerate nelle posizioni pre-COP, muovendosi verso un compromesso a passi da formica, o per niente.
Il futuro
Mentre si lavorava sui trasporti è arrivato l’annuncio che la Cina e gli Stati Uniti concordano di collaborare su “standard ambientali relativi alla riduzione delle emissioni di gas serra negli anni 2020” e altre “azioni rafforzate per il clima”. In effetti, sarebbe stato un grave errore da parte cinese farsi scivolare dalle mani le immense opportunità che si aprono con la green economy ed anche il vantaggio di prime mover che tuttora detiene assieme alla rappresentanza fiduciaria di gran parte dei paesi poveri.
Ma negli stessi momenti di tutti questi incontri la decisione di Greta Thunberg e di altre 13 figure simbolo dell’ambientalismo di bypassare di fatto la COP 26 rivolgendosi con una lettera direttamente al segretario generale dell’ONU Guterres per pregarlo di considerare l’emergenza climatica alla stessa stregua della pandemia, di cui forse è più grave ancora.