Cambiamenti climatici e politici: i primi passi della nuova amministrazione Usa
In attesa dell’imminente insediamento del nuovo Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, la comunità internazionale “green” ripone numerose speranze nella nuova amministrazione Usa, che dovrà affrontare anche il delicato equilibrio dei rapporti internazionale sul tema degli Obiettivi 2030 e 2050.
Ambiente e clima sembrano, per Biden, argomenti prioritari di politica estera, e il confronto con gli altri paesi si giocherà quindi, anche sul piano dei rapporti politici e diplomatici, in virtù dell’eredità che lascia l’amministrazione Trump.
La questione “Brasile”
Il presidente Bolsonaro è stato l’ultimo leader del G20 a congratularsi con Joe Biden per la sua elezione. Dopo i buoni rapporti con Trump, fra i due presidenti si preannuncerebbe una certa freddezza a causa delle loro divergenze in materia ambientale.
Biden e Bolsonaro, infatti, si sono già scontrati sull’Amazzonia, pesantemente deforestata negli ultimi due anni per ampliare i terreni agricoli e i pascoli per l’allevamento di bestiame.
I dati ufficiali mostrano che nel 2019, a causa degli incendi dolosi, è stata persa un’area dell’Amazzonia pari alla superficie del Libano, mai come nell’ultimo decennio, e i dati del 2020 non sono per niente confortanti. Così si rischia il futuro dell’Amazzonia che immagazzina da 90 a 140 miliardi di tonnellate di CO2, e la sua continua distruzione aumenta la quantità di questa sostanza nell’atmosfera, con conseguenze catastrofiche per il pianeta
Bolsonaro ha fatto capire chiaramente che non vuole ingerenze nelle questioni interne e considera l’Amazzonia una risorsa del paese da sfruttare. Per questo ha dichiarato guerra agli ambientalisti e agli attivisti, a vantaggio delle élite imprenditoriali che intendono fare affari negli oltre 6,5 milioni di chilometri quadrati della foresta pluviale più grande del mondo.
Per questo Biden durante un dibattito televisivo in campagna elettorale, ha proposto che le nazioni del mondo potrebbero offrire al Brasile venti miliardi di dollari per porre fine alla deforestazione. Una proposta oltraggiosa, secondo Bolsonaro.
Gli altri scenari ambientali e diplomatici
Sulle questioni ambientali e i cambiamenti climatici, Biden ha scelto un inviato speciale come l’ex segretario di Stato, John Kerry, nome e volto del Partito democratico della cosiddetta “diplomazia del clima”.
“Gli Stati Uniti devono tornare in pista per affrontare la più grande sfida di questa generazione e di quelle a venire”, ha dichiarato Kerry appena accettata la nomina a inviato speciale del presidente Biden per il Clima.
L’agenda del super ministro per l’Ambiente è già fitta di impegni nel 2021. Avendo già negoziato l’accordo sul clima di Parigi del 2015 (da cui Trump ha fatto dietro front) dovrà riaffermare le intenzioni dell’America su questo tema e farsi promotore di nuove iniziative in campo energetico insieme ai ministri degli altri paesi.
Tra le sue prime tappe potrebbe esserci la Cina. Tra i due maggiori produttori di emissioni di carbonio del mondo vanno ricuciti i rapporti dopo l’abbandono degli accordi di Parigi da parte di Trump.
Con Pechino, Kerry dovrà ristabilire un equilibrio tra le ragioni della politica ambientale e quelle della politica estera, optando probabilmente per un approccio meno duro, pur di ottenere proposte concrete e non semplici promesse sul clima da parte della Cina, oltre ad incoraggiare futuri accordi tra le due superpotenze sulle emissioni di CO2 e sul miglioramento della qualità dell’acqua e del suolo.
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