La città portuale ai tempi del nuovo Coronavirus
Valorizzare il capitale umano per favorire la ripresa
Stiamo affrontando un periodo che resterà nella storia, qualcosa che per la maggior parte della popolazione è sconosciuta e come tutto ciò che non si conosce, fa paura. Infatti, per molti italiani, nati 20 o 30 anni dopo la Seconda Guerra Mondiale, vivere nelle città e nei paesi sostanzialmente chiusi, vedersi privati della propria libertà di uscire e di socializzare con colleghi, amici e parenti era uno scenario inimmaginabile. Ed è proprio in questa attuale realtà surreale che i nostri porti stanno fornendo un servizio essenziale al Paese.
La portualità è un campo vasto e complesso che conoscono in pochi e, per tale motivo, non è mai stato valorizzato a dovere. Se da una parte ci sono le persone che non sono direttamente o indirettamente impiegate nelle attività portuali e, quindi, non se ne interessano; dall’altra chi di portualità vive e ne conosce bene le sfaccettature, non ne comunica il valore tenendo per sé informazioni importanti che andrebbero divulgate alle persone che vivono nei territori connessi.
Partire dal territorio per capire e conoscere i porti che ne fanno parte integrante.
Nel settore portuale, esistono diverse tipologie di traffico che possiamo dividere in due macro-aree: Merci e Passeggeri. Certamente gli effetti immediati del COVID-19 si sono visti globalmente e subito nel settore passeggeri, in particolare nelle navi crociere. Se le immagini della nave ormeggiata in Giappone con le persone che inviavano video sui social network, facendo il giro del mondo, rimarranno sempre nelle nostre menti, rimarranno anche le riflessioni fatte sugli spazi a disposizione dei passeggeri e sulla necessità di rivedere alcune nostre abitudini nel futuro.
Un futuro nel quale ritorna centrale nelle decisioni il valore del capitale umano, spesso trascurato da un mondo “multinazionale”. La bellissima idea di far viaggiare le persone intorno a mondo all’interno di lussuosi alberghi galleggianti come le navi di ultima generazione muniti di tantissimi comfort, deve riprendersi un ruolo di viaggio culturale e turistico valorizzando spazi e soste, invece di numeri e utili, se si vuole far ripartire questo comparto. Un comparto, occorre ricordare, che ha svolto un ruolo centrale nella valorizzazione dei territori circostanti, restituendo agli stessi territori non soltanto valori economici ma anche sviluppo infrastrutturale urbano. Ancor di più da domani, il segmento delle crociere dovrà relazionarsi con i territori, così come i territori dovranno assicurare punti di ristoro e conforto ai passeggeri trovandosi attrezzati per qualsiasi necessità, pronti a dialogare con tutti gli attori e utilizzatori degli ambiti portuali.
Una menzione a parte meritano i traghetti, mezzi di trasporto essenziali per la connessione con le isole, per il trasporto di merci e persone per finalità differenti. Anche il settore traghetti usufruisce del porto e del territorio che obbligatoriamente dovranno raccordarsi per garantire la fluidità della movimentazione.
Il mondo dopo il Covid-19
Come non citare la Ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti, Paola De Micheli quando, in una trasmissione televisiva, ha detto, “Il mondo dopo il COVID-19 si dividerà in due parti: chi diventerà più unito e solidale e chi affonderà nel proprio egoismo.” Si spera di ritrovare le città portuali nella prima parte citata per garantire un ritorno in attività migliore.
Un ritorno di piena attività che riguarda anche il traffico delle merci, segmento rilevante per l’economia del Paese. Anche in questo caso si spera in un’economia migliore e sostenibile di cui i porti e la logistica sono un’arteria essenziale. Un segmento silenzioso e spesso sottovalutato, quello del traffico merci però garantisce la reperibilità di tutti i beni che ci circondano, le materie prime e semilavorate che le compongono. E tra provvedimenti e restrizioni nazionali e non, i porti continuano a garantire il flusso delle merci, e i territori garantiscono supporto e servizi inclusi quelli sanitari, così essenziali per la filiera. I porti che, ricordiamolo, non dormono mai per assicurare che non manchi nulla e, a causa dell’emergenza, hanno dovuto riadattare diverse attività per la salvaguardia di chi lavora in porto e sulle navi.
E adesso, mentre guardiamo le immagini delle nostre città vuote girare su tutti i programmi, quasi a riprendere fiato dal caos quotidiano, in molti pensiamo “che brivido, che tristezza” ma siamo le stesse persone che lamentavano il numero dei turisti in città oppure a mare, siamo le stesse persone che lamentavano un numero eccessivo di camion e Tir e chiedevamo un giusto rispetto dell’ambiente per il presente e per il futuro. In tal senso, un nuovo futuro non potrà non tener conto del calo dell’inquinamento e, sostanzialmente, di una Terra che si è ripresa spazi vitali e aria a causa di questa minaccia invisibile. I porti e i territori dovranno lavorare per un futuro sostenibile e innovativo, prendendo spunto da un passato forse più lento, aggiungendo gli aspetti tecnologici che migliorano la qualità della vita delle persone facendoli lavorare meglio e in sicurezza, non sostituendoli.
I porti permettono la circolazione di merci, idee e innovazione
Oggi è il capitale umano che ci permette di curare le persone, di controllare i territori, di scaricare le merci, di rivenderli nei supermercati e nelle farmacie, come ci ha ricordato Papa Francesco qualche settimana fa quando, da solo in una Piazza San Pietro totalmente vuota, ha pregato per l’umanità. Lo ricorda anche il Presidente della Repubblica Mattarella quando afferma che il diritto alla salute è un valore universale. Riportando i valori umani al centro e valorizzando le capacità scientifiche di ricerca, l’istruzione e il servizio pubblico, possiamo vincere anche questa grande sfida mondiale. In questo contesto, l’attività portuale collocata all’interno dei territori con i quali dialoga e condivide proposte e progetti, può fungere da punto di arrivo e partenza non soltanto delle merci e delle persone, ma anche delle idee e delle innovazioni che il capitale umano può promuovere.
Potrebbero sembrare parole estremiste e utopiche, eppure nel 1968, il Senatore Roberto Kennedy nel suo discorso all’Università del Kansas diceva, tra l’altro:
“Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico (…) Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow-Jones, né i successi del paese sulla base del prodotto interno lordo. Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine del fine settimana (…)
Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago (…) Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti (…)
Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta (…)”
Le città portuali sono, quindi, il motore economico del nostro Paese ma anche luogo di conoscenze, di attività specialistica, di lavoro duro e di tecnologia avanzata sono, per loro natura, il luogo perfetto per il riavvio del motore. Un motore fatto di persone che, con alcune riflessioni certamente fatte durante questa fase critica, possono far ritornare il Bel Paese a splendere non soltanto di PIL, ma anche di arte, storia, natura, innovazione e valore umano.