Nuove rotte e nuove prospettive nel dopo Covid-19: La Rotta Artica in uno studio di SRM
Complice il cambiamento climatico, nuovi territori del Nord della Russia e l’area Balcanica attraggono i vettori internazionali sempre alla ricerca di nuovi mercati di sbocco e di efficienza di costi, puntando lontano, verso luoghi freddi e quasi inesplorati.
La nuova strada si chiama “Rotta Artica” e non è più la chimera dei viaggi impossibili. La pandemia generata dal Covid-19 ha imposto, difatti, ai vettori la ricerca di nuove economie, in un tempo, dove per tutti la parola chiave è stata “resilienza”. Resistere, stringere i denti e andare avanti è, e sarà, l’obiettivo del prossimo imminente futuro.
Le tre vie dell’Artico
In realtà i percorsi che attraversano il mare Artico sono più di uno. Sul globo sono disegnate, difatti, 3 “vie” principali che attraversano la calotta polare: il passaggio a Nord Ovest, la Rotta Marittima Transpolare e la Northern Sea Route. Il mitico Passaggio a Nord-Ovest, esempio di viaggi estremi, attraversa l’arcipelago nord canadese unendo l’Atlantico e l’Oceano Pacifico; la Rotta Marittima Transpolare taglia drasticamente attraverso il Polo Nord ed è coperta da ghiaccio perenne, quindi al momento è un transito soltanto ipotetico; la Northern Sea Route (NSR), è in realtà la “rotta Artica”, quella con maggiori potenzialità grazie a condizioni climatiche più agevoli e alla possibilità di collegare l’Asia e l’Europa da Nord.
Il 2019, quando tutto ha inizio
Nel 2019, la NSR è stata aperta ai transiti (cioè ai traffici di lunga percorrenza) per il 30% dell’anno da luglio agli inizi di novembreper un periodo di circa 14 settimane e di questi solo il 16% è stato assistito da navi rompighiaccio, imbarcazioni tipiche di queste zone e di appannaggio del Know-how locale. I transiti internazionali di lungo raggio che affascinano la fantasia dei viaggiatori e percorrono l’intera rotta sono soltanto una parte della movimentazione complessiva, benché abbiano raggiunto quasi 700 mila tonnellate nel 2019.
Però rappresentano la sfida, la sfida al tempo, ai ghiacci, ai nuovi percorsi e territori che si creeranno. La compagnia marittima cinese COSCO (terza al mondo per trasporto container ma specializzata anche in altre tipologie di merci) è il carrier più attivo su questa rotta, coprendo il 19% dei transiti complessivi. Anche le navi container stanno sperimentando questo percorso e nel 2018, Venta Maersk (3.600 Teus) ha realizzato il 1 ° transito di navi container lungo la NSR tra Busan, importante porto della Corea del Sud e lo scalo di Bremerhaven, nel Northern range europeo in Germania.
Al momento si tratta di “test” appunto perché le containership hanno bisogno di percorsi stabiliti e ripetitivi, non sempre possibili durante tutto l’anno, pertanto ancora in fase sperimentale. Ma, i cambiamenti climatici, le nuove tecnologie fatte anche di navi senza pilota e carburanti alternativi spingono a testare la “frontiera della competitività” spingendola in avanti verso nuove vie e nuove rotte sempre più brevi ed economiche.
Lo studio di SRM – Studi e Ricerche per il Mezzogiorno
Lo studio di SRM ha, difatti, stimato che per andare da Rotterdam a Shanghai la NSR sia più veloce rispetto allo stesso viaggio tramite il Canale di Suez, con un risparmio del 20% del percorso pari a circa una settimana di viaggio (e circa il 40% più veloce dal Northern Range al Giappone, pari a circa due settimane in meno).
Se la ricerca del nuovo, connaturata all’uomo, spinge verso l’innovazione e nuove vie, in realtà se si guarda alla movimentazione complessiva nella zona vi è una attività molto più intensa e fervida anche in mesi più freddi. La zona è, ad ora, prevalentemente caratterizzata da traffici intraregionali: il 98% è in SSS (Short Sea Shipping, vale a dire trasporto marittimo di corto raggio) ed è soprattutto concentrata intorno al porto di Sabetta in Russia (55%). Tra il 2011 e il 2019, la movimentazione in Short Sea Shipping di quest’area è cresciuta del 134% in media d’anno, raggiungendo la cifra di 31,5 milioni di tonnellate. Aumenta tra Gennaio e Aprile 2020 – dunque in pieno periodo Covid-19- del 15% – e crescerà ancora. Secondo le stime (ante Covid-19), i volumi totali potranno crescere fino a raggiungere i 100 milioni di tonnellate nel 2030 con la speranza che i transiti internazionali siano una parte sempre più consistente di questi.
Una rotta “Green”
Molto dell’attività dell’area riguarda il segmento energetico. La Northern Sea Route è, difatti, soprattutto un corridoio energetico in particolare per il GNL che rappresenta uno degli asset strategici di grande prospettiva dello shipping anche perché più “green” e a minor impatto ambientale dell’Oil. Nuovi investimenti infrastrutturali si stanno realizzando nel percorso della rotta artica in particolare nel Nord-Ovest della Siberia nella penisola di Yamal, che nella lingua locale significa “ai confini del mondo” dove le temperature medie vanno dai -20° in inverno allo 0 in estate. Basta questo a far capire la difficoltà di realizzare un tale progetto. Yamal LNG è uno degli investimenti per l’estrazione di Gas Naturale Liquefatto più importanti del Mondo.
Il progetto quasi completato (98,1%) ha richiesto un investimento di oltre 30 miliardi di dollari ed ha attualmente 3 impianti in attività. Tra il 2017 e il 2019 (periodo di attività) l’impianto ha prodotto oltre 27,2 milioni di tonnellate di LNG. Il porto di Sabetta, che ha raggiunto i 20,5 milioni di tonnellate movimentate nel 2019, è parte di questo progetto, mentre se ne disegna uno “gemello” denominato Arctic LNG-2: un investimento totale di 21 miliardi di dollari e una produzione stimata di 20 mln di tonnellate di GNL all’anno entro il 2023. Nuove risorse e nuove vie si aprono dunque nei mari del ghiaccio.
Alessandro Panaro e Olimpia Ferrara
(SRM – Studi e ricerche del mezzogiorno)